Storia

GENERALITÀ
panorama
Tortorella, pittoresco borgo dell'entroterra del Golfo di Policastro, è situato su una ripida altura che domina la profonda forra del torrente Bussentino, a 580 metri di quota.

Il paese ebbe origine poco prima dell'anno mille ad opera di genti scampate alle scorrerie dei pirati saraceni. Dell'epoca rimangono preziose testimonianze architettoniche tipicamente medioevali. Fra queste la Chiesa Madre della Collegiata, risalente all'XI sec. e munita di un pregevole portale cinquecentesco; e porzioni delle mura di cinta in cui si apre la porta sudorientale.
Le mura furono edificate dapprima dai normanni nel XII sec. e poi rinforzate dagli angioini durante la guerra del Vespro (1282-1302) contro gli aragonesi.

Nel XIV sec. Tortorella diventò uno dei tanti possedimenti dei Conti Sanseverino. In questo periodo il paese acquistò notevole importanza, tanto da comprendere nel proprio feudo i vicini abitati di Casaletto Spartano e Battaglia. Fino al XVII-XVIII sec. il paese fu sede di una società raffinata, come documentano i bei palazzi dell'epoca, fra cui spiccava il palazzo Baronale Marchesale dei Conti Carafa, ormai diruto. Allo stesso periodo risalgono le numerose chiese presenti sul territorio, fra cui la Chiesa di San Vito, posta appena fuori dall'abitato ed il cui ampio piazzale è un caratteristico luogo d'incontro per la comunità.

Nel XVIII sec. il borgo era caratterizzato da un'intensa attività lavorativa. Particolarmente diffuso era l'artigianato, in particolare la lavorazione del ferro, i cui segreti si sono tramandati di generazione in generazione fino ai nostri giorni. Era molto praticata anche la lavorazione dei cereali, come attestano gli imponenti ruderi di mulini, ormai ricoperti da fitta vegetazione, che un tempo sfruttavano le impetuose acque del Torrente Bussentino.

 

SIBARI E PYXÙS, LA VIA DEGLI APPENNINI TRA IL MAR IONIO E IL TIRRENO
Sud Italia
Nel VII secolo a. C., in seguito allo stabilimento della colonia ellenica di Sibari, per impulso di essa se ne fondarono altre sulle spiagge della regione enotro-lucana. Sul versante del Mar Ionio, Siri, Eraclea, Metaponto, Lagaria, Pandosia; sul versante del Tirreno Lao, Skidron, Pyxùs, Molpa, Elea e Posidonia.
Sibari e Siri in particolare praticarono il commercio di transito tra le spiagge dello Ionio e quelle del Tirreno attraverso le carovaniere interne dell'Appennino.
Esse agirono come i commessi intermediari degli intraprendenti navigatori Milesii e dei Tirreni; operando lo scambio delle ricercate merci asiatico-orientali con i ricchi popoli della Tirrenia etrusca, e delle merci e prodotti italici con i commercianti dell'Asia. Gli uni approdavano nel Golfo di Policastro, nel porto dell'antica colonia greca pueous (Pyxùs), poi romana Buxentum, presso l'odierno Policastro Bussentino; gli altri nella rada di Sibari. Le due città erano il magazzino di deposito delle merci che i loro abitanti trasportavano per il dosso dell'Appennino da un mare all'altro. Tramite tale scorciatoia si abbreviavano le distanze, si sopprimevano i pericoli dello stretto siculo, e si scansavano i rischi della pirateria del mar Tirreno. Un forte ritorno economico si produsse in Sibari, Pyxùs e nel territorio attraversato dalle merci. Buxentum fu colonia romana già nel 197 a. C. e in età augustea si dotò di macellum (mercato delle carni) per accogliere le carni del copioso bestiame suino e bovino del Vallo di Diano e la selvaggina del monte Cervati.
Il flusso commerciale portò alla formazione di alcuni insediamenti umani posti nei punti strategici a presidio del territorio e difesa dei traffici. Lucani, italici e greci si stabilirono presso il passo di Sanza, ove nacque Sontia, lungo la carovaniera per il Vallo di Diano e, in prossimità del valico del monte Cocuzzo, sorse il nucleo primordiale di Tortorella, lungo la carovaniera per il Mar Ionio.

 

I MONACI BASILIANI NEL BASSO CILENTO: RELIGIONE, POLITICA E INTRAPRENDENZA
Ritratto
Alla caduta dell'Impero Romano tutte le zone fertili passarono sotto il dominio Longobardo. Un declino socio-economico generale investì l'intera area. Le campagne furono abbandonate e la macchia mediterranea ebbe il sopravvento sulle coltivazioni. Lungo le coste si intensificarono le scorrerie dei Saraceni.
In tale contesto giunsero i monaci di cultura greco-orientale. Essi penetrarono nell'Italia meridionale nel periodo che va dal VI alla fine del secolo IX d. C.
Inizialmente tali monaci condussero una vita eremitica, per lo più itinerante, in grotte e nelle laure sparse tra i monti. Con l'inizio del X secolo la vita monastica cominciò ad elevarsi ed a organizzarsi in comunità stabili, i cenobi, dove i monaci pregavano e lavoravano, secondo i dettami di Basilio. In tale periodo inoltre giunsero ulteriori migrazioni dalle province bizantine in seguito alle invasioni arabe; le donazioni popolari arricchirono la proprietà terriera dei monaci e si diffuse il contratto di pastinato.
I monaci basiliani si impegnarono febbrilmente nell'organizzazione del suolo agricolo; dissodarono le aree coltivabili, insegnarono nuove tecniche di coltivazione, realizzarono mulini nelle zone montane.
Per loro influsso sorsero i borghi in corrispondenza dei precedenti insediamenti lucani, greci o romani. Ai monaci spesso si unirono gli abitanti di nuclei urbani abbandonati.
Secondo la tradizione orale lucana dall'antica colonia romana Blanda, in Calabria, distrutta da un'invasione di grosse formiche nere, ebbero origine Tortora, Tortorella e Battaglia.
I cenobi rappresentarono pertanto un polo di aggregazione per le popolazioni dei dintorni.
Alla metà del X secolo molti cenobi, come molti paesi si presentavano già costituiti.
Del nucleo originario sorto sulla collina di Tortorella, presso il valico del monte Cocuzzo, lungo la carovaniera per il Mar Ionio, si ignora il nome e si dispone di scarse informazioni. Per certo l'arrivo dei monaci italo-greci e degli oriundi di Blanda contribuì decisamente al suo sviluppo e alla sua affermazione nel territorio cilentano. A partire da questo periodo tale centro prenderà il nome di Tortorella.
Il presidio del territorio per mezzo dei cenobi si rivelò una efficace strategia militare. Alle spalle di Policastro, i borghi di San Giovanni a Piro, Roccagloriosa, Torre Orsaia, Castel Ruggero, Caselle in Pittari, Tortorella, Torraca disposti in maniera concentrica rispetto al centro marino costituivano una vera e propria barriera invalicabile di difesa contro le scorrerie terrestri.
L'ulteriore presenza dei monaci basiliani nelle campagne rafforzava il legame tra i vari centri abitati. Ancora oggi i toponimi delle contrade dell'entroterra cimentano denotano eloquentemente l'antica presenza basiliana: San Basilio, Santa Sofia, Sant'Onofrio, San Leonardo, Sant'Oronzo, San Teodoro, Santa Barbara, Santa Domenica, San Biagio, San Nicola, San Fantino, Spadarea, Callidi, ecc.
In una memoria redatta nel XVIII secolo, Tortorella, nell'anno 1021, divenne feudo del Principato di Salerno con decreto del Longobardo Guaimaro III Principe di Salerno, con tre casali: Casalecti, Bactalearum, Bonatorum (Casaletto Spartano, Battaglia, Vibonati). A Tortorella erano concessi il demanio con fiumi ed acqua.
Nel 1069, nella Bolla di nomina del nuovo Vescovo di Policastro, l'abate Pietro Pappacarbone del Cenobio Benedettino di Cava dei Tirreni , fra l'elenco delle parrocchie si fa il nome di Tortorella, che pertanto a quel tempo era già una Comunità parrocchiale costituita, e canonicamente eretta.
Tortorella fu presente alla Terza Crociata con Taherius de Turturella e Amerius de Turturella.
Nel Liber Donationum vi è la concessione da parte di Re Carlo (1226-1285) dei feudi di Sanza e di Tortorella ad onorato di moliers (Honorato de Moliers et Heredibus concedentur Sansa et Turturella pro uncis LIII).
Il feudo passò poi al milite Nasone di Galarate e Galanzano (Galeran): costui aveva restituito alla Curia il casale di Trecase nel giustizierato di Terra di Otranto e altri beni a Brindisi ricevendone appunto la Terra di Tortorella nel giustizierato di Principato e terra Beneventana. Il feudo fu concesso per 40 once d'oro.
 
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