Alla caduta dell'Impero Romano tutte le zone fertili passarono sotto il dominio Longobardo. Un declino socio-economico generale investì l'intera area. Le campagne furono abbandonate e la macchia mediterranea ebbe il sopravvento sulle coltivazioni. Lungo le coste si intensificarono le scorrerie dei Saraceni. In tale contesto giunsero i monaci di cultura greco-orientale. Essi penetrarono nell'Italia meridionale nel periodo che va dal VI alla fine del secolo IX d. C. Inizialmente tali monaci condussero una vita eremitica, per lo più itinerante, in grotte e nelle laure sparse tra i monti. Con l'inizio del X secolo la vita monastica cominciò ad elevarsi ed a organizzarsi in comunità stabili, i cenobi, dove i monaci pregavano e lavoravano, secondo i dettami di Basilio. In tale periodo inoltre giunsero ulteriori migrazioni dalle province bizantine in seguito alle invasioni arabe; le donazioni popolari arricchirono la proprietà terriera dei monaci e si diffuse il contratto di pastinato. I monaci basiliani si impegnarono febbrilmente nell'organizzazione del suolo agricolo; dissodarono le aree coltivabili, insegnarono nuove tecniche di coltivazione, realizzarono mulini nelle zone montane. Per loro influsso sorsero i borghi in corrispondenza dei precedenti insediamenti lucani, greci o romani. Ai monaci spesso si unirono gli abitanti di nuclei urbani abbandonati. Secondo la tradizione orale lucana dall'antica colonia romana Blanda, in Calabria, distrutta da un'invasione di grosse formiche nere, ebbero origine Tortora, Tortorella e Battaglia. I cenobi rappresentarono pertanto un polo di aggregazione per le popolazioni dei dintorni. Alla metà del X secolo molti cenobi, come molti paesi si presentavano già costituiti. Del nucleo originario sorto sulla collina di Tortorella, presso il valico del monte Cocuzzo, lungo la carovaniera per il Mar Ionio, si ignora il nome e si dispone di scarse informazioni. Per certo l'arrivo dei monaci italo-greci e degli oriundi di Blanda contribuì decisamente al suo sviluppo e alla sua affermazione nel territorio cilentano. A partire da questo periodo tale centro prenderà il nome di Tortorella. Il presidio del territorio per mezzo dei cenobi si rivelò una efficace strategia militare. Alle spalle di Policastro, i borghi di San Giovanni a Piro, Roccagloriosa, Torre Orsaia, Castel Ruggero, Caselle in Pittari, Tortorella, Torraca disposti in maniera concentrica rispetto al centro marino costituivano una vera e propria barriera invalicabile di difesa contro le scorrerie terrestri. L'ulteriore presenza dei monaci basiliani nelle campagne rafforzava il legame tra i vari centri abitati. Ancora oggi i toponimi delle contrade dell'entroterra cimentano denotano eloquentemente l'antica presenza basiliana: San Basilio, Santa Sofia, Sant'Onofrio, San Leonardo, Sant'Oronzo, San Teodoro, Santa Barbara, Santa Domenica, San Biagio, San Nicola, San Fantino, Spadarea, Callidi, ecc. In una memoria redatta nel XVIII secolo, Tortorella, nell'anno 1021, divenne feudo del Principato di Salerno con decreto del Longobardo Guaimaro III Principe di Salerno, con tre casali: Casalecti, Bactalearum, Bonatorum (Casaletto Spartano, Battaglia, Vibonati). A Tortorella erano concessi il demanio con fiumi ed acqua. Nel 1069, nella Bolla di nomina del nuovo Vescovo di Policastro, l'abate Pietro Pappacarbone del Cenobio Benedettino di Cava dei Tirreni , fra l'elenco delle parrocchie si fa il nome di Tortorella, che pertanto a quel tempo era già una Comunità parrocchiale costituita, e canonicamente eretta. Tortorella fu presente alla Terza Crociata con Taherius de Turturella e Amerius de Turturella. Nel Liber Donationum vi è la concessione da parte di Re Carlo (1226-1285) dei feudi di Sanza e di Tortorella ad onorato di moliers (Honorato de Moliers et Heredibus concedentur Sansa et Turturella pro uncis LIII). Il feudo passò poi al milite Nasone di Galarate e Galanzano (Galeran): costui aveva restituito alla Curia il casale di Trecase nel giustizierato di Terra di Otranto e altri beni a Brindisi ricevendone appunto la Terra di Tortorella nel giustizierato di Principato e terra Beneventana. Il feudo fu concesso per 40 once d'oro. |